domenica 19 maggio 2019

LOCOMOTIVA D214




Altro piccolo lavoro fatto tempo fa e riguarda la realizzazione di una automotore usato nelle manovre in stazione.
Il modello scelto è del gruppo D214  e della serie 4000,  la più recente .
La sua lunghezza totale è 7168mm che in scala 1:87, quella per cui tento la riproduzione, significa che sarà lunga compresa di respingenti solamente 82,4mm.
In questo campo non esistono disegni dettagliati, monografie come nel navale per la riproduzione, insomma non esiste nulla dato che questi modelli si possono comprare presso rivenditori qualificati e ci pensano le case costruttrici a gestire il monopolio.
Questo stesso modello lo fa anche la Roco a 100 euro, sarà forse poca cosa acquistarlo e averlo a casa dopo due o tre giorni e essere felici di possederlo e provarlo sul plastico, appena finito usando ovviamente lo stesso sistema, per vederlo girare ebbene anche nella migliore delle ipotesi avessi 100 euro da buttare sicuramente non lo acquisterei per vari motivi, il primo non avrei un plastico dove farlo girare, ma anche se lo avessi sarebbe uguale, il secondo mi piace realizzare le cose da me anche se poi non ci faccio nulla ma solo per applicarmi a trovare una soluzione o capire che procedimento fare e ovviamente studiare e studiare.
Quindi sulla base di questa premessa il primo ostacolo da superare era appunto avere più informazioni possibili sul mezzo stesso e per questo il web da una bella mano nel senso che si riescono a trovare molte immagini e qualche blueprint.

Ovviamente il disegno della blueprint non è sufficiente per realizzare tutto un progetto in ogni sua parte quindi ad esso dovranno essere aggiunte le immagini ma molto spesso le immagini hanno una prospettiva e quindi si dovrà seguire quella regola ma al ritroso ed è proprio questa idea che mi ha inizializzato nello sbroglio con il cad nel prendere appunto una immagine in prospettiva e arrivare al disegno di base per realizzarlo.

Sulla base di queste considerazioni e una volta fatta la ricerca più ampia possibile si deve passare allo studio sistematico di ogni immagine reperita, valutarla e se si reputa di interesse inserirla nell’album di sviluppo; ad esempio se le immagini sono state fatte con dei grandangolari queste dovranno essere scartate data la problematica insita in loro di alterare la prospettiva.
Questo album di sviluppo, la blueprint, e altre informazioni sono le basi per poter iniziale il progetto per realizzare il modello, a queste vanno ora aggiunte altre informazioni come ad esempio: che materiale vogliamo usare, che dettaglio di definizione vogliamo ottenere ecc.
In prima battuta avevo pensato di usare l’ evergreen come materiale ma poi, come mio solito, mi sono voluto complicare la vita e ho deciso per l’ottone.
La tecnica che userò per realizzare questo modello è la fotoincisione quindi questo significa che la progettazione si distinguerà in due fasi la prima è quella di appunto disegnare nella forma canonica assonometrica tutto il modello con tutte le sue parti la seconda sarà quella di sviluppare tutte le parti in una forma piana e ovviamente aggiungere cose in più per accontentare i requisiti della fotoincisione



Dall’ immagine sopra inserita potrete notare che non è un disegno atto alla visione pulita dell’ oggetto ma sono presenti tutte le righe anche quelle che seconda la vista dovrebbero in teoria essere nascoste.
In realtà il disegno completo di motorizzazione è questo

Come si nota non si capisce nulla, è abbastanza confusionario ma basta spegnere i layer che non si desidera vedere e diventa più leggibile.

Questa è una soluzione che ho adottato io in quanto disegnando su molti layer ogni particolare deve essere completo nella sua forma proprio per avvantaggiarmi in seguito in merito allo sviluppo del singolo pezzo.
Una volta terminato questo lavoro ho approfittato e trasportato tutto su un programma 3D per verificare se tutte le parti disegnate si incastrassero nella maniera corretta.



Fatta anche questa verifica ora si passa alla fase due della progettazione che è appunto quella dedicata alla formazione del Master per realizzare la fotoincisione.
Siamo così giunti alla seconda fase di progettazione che è quella che ci servirà per realizzare il master per poi praticare la fotoincisione dell’ottone e ricavarci tutti i pezzi e i particolari che serviranno per la costruzione di questa locomotiva.

Possiamo dividere le varie parti disegnate in due gruppi:
a) Al primo gruppo appartengono tutti quei pezzi piani dove hanno solo lo spessore ed eventualmente ripetuti n volte se lo spessore richiesto è un multiplo dello spessore utilizzato per la lastra di ottone che nel mio caso specifico è di 0,2mm.
Questa è una procedura abbastanza veloce da fare dato che avendo disegnato tutti i particolari in layer diversi, si selezione l’oggetto e si copia solo la vista di nostro interesse che è appunto il pezzo da riprodurre.
b) Al secondo gruppo invece appartengono tutti quei pezzi che hanno una forma scatolata o non piana.
Qui il lavoro diventa un po’ più impegnativo dato che si dovranno prendere in considerazione le circonferenze di piega, il ritiro del materiale nelle pieghe ecc.

Questo è il disegno della cabina e i quattro angoli in realtà hanno un raggio di 2mm inoltre questo particolare è stato sezionato in due pezzi come si vede dalle linee di divisione create sul disegno.
Queste linee sono state realizzate in modo da avere un incastro tra le parti come sono state realizzate delle linguette in basso che si andranno ad incastrare con il pezzo di base; queste sono state realizzate proprio per facilitare l’operazione di montaggio delle parti e mantenerle nella posizione corretta prima dell’eventuale saldatura.
Ora da questo disegno assonometrico si dovrà sviluppare una forma piana e questo è il risultato ottenuto delle due sezioni



Da questa immagine si vedono quattro parti anziché due in realtà queste sono le viste che fanno riferimento ai due lati della lastra di ottone, dove si possono avere lavorazioni diverse in fase di fotoincisione.

Il disegno superiore (quello descritto come lato esterno) è il disegno presente sul lato superiore della lastra di ottone e risulterebbe il lato esterno della parete cabina.
Il disegno in basso ( quello descritto come lato interno) è in realtà una immagine specchiata della precedente e risulta essere il lato inferiore della lastra di ottone e quindi la parete interna della stessa cabina.
Come si può notare i due disegni differenziano sostanzialmente solo dal fatto che il secondo ha tre linee verticali in corrispondenza delle zone da piegare, queste tre linee che sono larghe quanto lo spessore della lastra di ottone hanno la funzione di alleggerire in quella zona il materiale e rendere
la piegatura raggiata più facile da eseguire.
Ciò significa che nel momento che il cloruro agisce con l’ottone in quella zona si creano tre incisioni solamente, ecco perché le parti sono 4 anziché solo due .


Sulla base di quanto sopra ho realizzato tutte le parti che mi servivano e realizzato il master, quest’ ultimo lo stampato su pellicola trasparente per riprodurre in maniera fotografica sulla lastra di ottone lo stesso disegno, nell’ immagine si vede appunto il master su pellicola trasparente.



Immersa la lastra di ottone così trattata nel cloruro e tenedo sottocontrollo il processo dopo alcune ore ho avuto questo risultato:



Per facilitare le operazioni di saldature delle varie parti ho realizzato un trattamento elettro chimico di stagnatura ottenendo questo risultato finale.








Ormai il grosso del lavoro  fatto ora basta solo tagliare i pezzi e saldarli al loro posto.
Per arrivare a questo livello di fotoincisione che lo reputo personalmente abbastanza alto considerando che si fa in casa, ho dovuto studiare e ogni volta cambiare anche leggermente il metodo o il ciclo di lavorazione oltre ovviamente a crearmi una attrezzatura sempre più perfezionata. 

Ho iniziato la costruzione del vano motore e della cabina piegando opportunamente le parti fotoincise e posizionate sul piano tramiti gli incastri che avevo realizzato a questo punto con un saldatore ad aria calda ho unito le varie parti con l’aggiunta di piccole quantità di stagno, le saldature le ho effettuate tutte nella parte interna e non visibile
















lunedì 7 febbraio 2011

TARTANA SANTOS 005

 
Per realizzare questo tipo di imbarcazione si ha la necessità di costruirsi uno scaletto che contenga tutta la struttura .

Ora che ho disegnato i quinti e la carpenteria assiale posso passare a disegnare tale accessorio dato che sarà la prima cosa che dovrò costruire.
Per questo scaletto mi sono basato, per la realizzazione, sul materiale che avevo in casa.
Di solito il piano superiore si posiziona seguendo l’ insellatura del ponte, io in questo caso ho seguito una linea d’acqua più bassa rispetto alla linea dell’ insellatura, ho dovuto adottare questa  soluzione dato che in corrispondenza della linea del ponte si ha la fine dei quinti proprio per il fatto che in quel punto esiste il taglio che devo realizzare per poter aprire tale imbarcazione per far vedere l’ interno.
Penso che tale soluzione e cioè quella di aver scelto una linea d’ acqua sia la più corretta rispetto a quella del cavallino del ponte questo solo per un corretto sviluppo del piano stesso.


Una curva concava si dovrebbe suddividere in n segmenti lineari per riuscire a rappresentarla su un piano, più segmenti si realizzano e minore è l’ errore, inoltre anche una volta riuscito ad ottenere tale piano, nel momento in cui si dovrà montare nello scaletto si possono avere dei problemi di allineamento.
Nel caso invece di una linea d’ acqua, essa è già un piano quindi  non si hanno problemi nel disegnarlo e realizzarlo, ha inoltre un’ altezza ben precisa e si può anche disegnare un riferimento della stessa su tutti i quinti.
Sulla base di queste considerazioni a prescindere da quello che molto spesso si vede, io seguirò questa idea.
La base come i due laterali li ho realizzati con multistrato da 10mm di spessore mentre la base che funge da morsa alla chiglia e il piano superiore li ho realizzati in MDF da 4mm di spessore.
Il progetto costruttivo delle singole parti che compongono tale scaletto saranno visibili al capitolo 4 “Progetto” .
Durante la fase di realizzazione di questo progetto mi è venuta un’ idea per una prossima realizzazione di uno scaletto, che inserisco qui per non dimenticarla specialmente che tutto questo mio scritto servirà per costruire le basi per la realizzazione dei miei sogni che è la Vespucci.
Ho pensato di realizzare un attrezzo in metallo che abbia la possibilità di adattarsi a qualunque tipo di imbarcazione o almeno a quelle in scala 1:40 – 1:50 e che possa disporre i quinti in maniera perfettamente perpendicolare rispetto alla chiglia.
Il tutto gestito da un PC a controllo numerico.

domenica 6 febbraio 2011

TARTANA SANTOS 004

Sulla base della tabella descritta in “ modulo di costruzione” a pag 16 ora abbiamo delle informazioni utili per sviluppare il disegno partendo da quello rappresentante le linee d’acqua.
Dalla tabella sappiamo che:
-          La chiglia dovrà avere queste dimensioni 5,5x6,5
-          Le costole al madiere sono 3.3x5,5
-          Le costole alla coperta sono 3,3x3
-          Il paramezzale è 7,5x7,5
-          Il dormiente di coperta è6x2.5
-          I bagli di ponte sono 4x4
Con questi dati si può iniziare la fase di progetto,inserendo la chiglia con il dritto di prua e quello di poppa, ovviamente in questo momento mancano le informazioni in merito a come sono realmente realizzati i dritti, ma le forme esterne sono presenti sul disegno delle linee d’acqua quindi abbozzerò una forma che verrà corretta in seguito.
Fatto ciò devo posizionare i quinti ma devo definire l’ intervallo dei stessi.
Ogni quinto è formato da due costole appaiate, cioè da due strati di legno di uguale spessore uniti assieme; l’ intervallo tra le costole è la distanza fra la faccia prodiera di un quinto e la faccia poppiera del quinto successivo, essa è uguale alla grossezza del doppio strato di legno del quinto più una maglia fissa da mantenere costante nella misura di 16 cm, qualunque sia il Modulo di Costruzione.
Quindi nel mio caso reale, avrei un intervallo fra le costole = ( doppio strato delle costole 13,2 +13,2 cm) + ( maglia fissa 16 cm) =  42,4cm; questo nel reale.
Ora riportando alla scala che sto adottando e cioè 1:40 l’ intervallo diventa 10,6mm
Aggiungo una osservazione: queste norme si riferiscono al tipo di costruzione adottato nel nostro paese e forse in altri paesi dell’ area mediterranea; in Inghilterra per i grandi velieri si seguivano altre regole; così per quanto riguarda l’ intervallo fra le costole si adottava la regola room ad space, cioè l’ intervallo era uguale al doppio spessore del quinto senza l’ aggiunta della maglia fissa di 16cm. Le costruzioni americane, dove veniva impiegato largamente il pino oregon o il pino giallo, avevano strutture sovradimensionate e l’ intervallo fra le costole nei grandi velieri era anche inferiore allo spessore del doppio strato con cui erano formati i quinti. ( tratto da: “ Come costruire un modello di veliero” )
A questo punto ho le informazioni base per poter iniziare il disegno .
La lunghezza totale di questa imbarcazione è di 22,47m e nel disegnare la chiglia la ho inizialmente suddivisa in due con un incastro a palella poi ho disegnato anche il paramezzale dividendolo sempre in due parti, anche esso con incastro a palella, ma esaminando il disegno mi sono reso conto che tali incastri venivano a trovarsi circa al centro dell’ imbarcazione e ciò non mi dava un senso di robustezza della stessa ma avevo creato un punto debole su tutta la struttura quindi ho deciso di dividere la chiglia in tre parti sempre con incastro a palella come la controchiglia, il paramezzale lo ho lasciato diviso in due parti come la sottochiglia, facendo così ho aumentato notevolmente la robustezza della struttura.

Questa immagine rappresenta la vista dall’ alto e di fianco della nuova imbarcazione che sto disegnando con Autocad; sono presenti le linee d’acqua, la chiglia con i dritti di poppa e prua, e i 29 quinti ognuno composto da due costole.
Come si può vedere dal disegno della vista laterale, si nota che i quinti sono più bassi rispetto al dritto di poppa e a quello di prua, si vede anche il cavallino del ponte, questo perché quella zona è interessata alla suddivisione della stessa per poterla aprire.
La soluzione da me studiata al fine di raggiungere tale scopo è quello di tagliare l’ imbarcazione appena sotto la suola, questo mi da la possibilità di nascondere molto bene il taglio fatto; inoltre si ha la possibilità appunto di realizzare due modelli distinti:
1)    lo scafo completamente con la vista dall’ alto di come è realizzato nel suo interno nei minimi dettagli.
2)     il ponte nella sua totalità che alla fine può essere paragonato ad un coperchio.
Per quanto riguarda i bagli essi saranno suddivisi nel seguente modo: alcuni sono solidali con lo scafo altri con il ponte .
Il lavoro un po’ più complicato per tale suddivisione riguardano: l’ albero maestro, il pilastro dell’ argano con le relative catene dell’ ancora, per queste tre parti rimando più avanti la descrizione del metodo che troverò più soddisfacente.
Ora sulla base di queste idee e con il proseguo dello studio si può iniziare a realizzare il progetto di questa imbarcazione con la premessa ovviamente di realizzare anche materialmente ciò che disegno.

TARTANA SANTOS 003

CARATTERISTICHE DI BASE
Tale imbarcazione sarà totalmente auto costruita dalla realizzazione del  progetto alle parti che la compongono.
Sarà lasciata a legno naturale e non vernicerò nulla ad eccezione di alcuni componenti metallici, questa decisione è stata presa per cercare di lavorare il meglio possibile.
Dovrà essere studiato un modo tale da poterla dividere in due parti tale da poter vedere l’ interno della nave senza però pregiudicare la vista dell’ insieme.
Il legno utilizzato sarà tutto lavorato da tavolette di parquet 60x10x300 o similare
Come già detto non seguirò la storicità del modello in questione ma solo la storicità del periodo.
Bozzelli, bigotte, manovre, vele ecc  anche esse saranno auto costruite.
Altra cosa che ho intenzione di fare è quella di rendere funzionante tutti i particolari come ad esempio: cerniere, argani ecc.

TARTANA SANTOS 002

PROLOGO
Questa è la mia prima esperienza nell’ eseguire un modello in arsenale,  sino ad oggi ho realizzato modelli in scatole di montaggio o seguendo i piani di costruzione di modelli da KIT, da questo si può dedurre che non ho le  conoscenze adeguate per intraprendere questo nuovo genere, altresi ho anche deciso di non seguire monografie in arsenale di modelli noti dato che non mi avrebbero dato i presupposti per comprendere come veniva realizzata un’ imbarcazione e i motivi di tali scelte costruttive del tempo ma diventava come realizzare un modello da kit nel senso che dovevo prendere per buono ciò che la monografia stessa descriveva.
La soluzione che ho ritenuto più consona alle mie esigenze modellistiche è quella di studiare e fare ricerca in prima persona, sono consapevole che tale lavoro sarà molto impegnativo ed essendo la prima volta mi scontrerò con problematiche dove le risposte non saranno sufficienti;  questo è lo scotto che devo mettere in preventivo, in fondo non si nasce imparati e si deve sempre iniziare da qualcosa.
Tutta questa mia nuova esperienza sarà descritta in questo volume come se fosse un diario, dove annoterò tutto ciò che penso e faccio in modo che rimanga sempre una traccia dei miei pensieri anche in un futuro proprio per avere la possibilità nel tempo, e per questo tipo di lavoro il tempo di realizzazione è lungo, di esaminarlo ripetutamente e scoprire, di volta in volta che si approfondiscono dei discorsi, che le cose posso essere diverse.
Questo modo di procedere è quello che reputo più corretto per il mio modo di pensare il modellismo, prima perché si cerca di capire ogni singolo pezzetto di legno la funzione che ha e secondo, quando si passa alla fase realizzativa si cerca di migliorarsi manualmente.
Con questo mio lavoro non ho nessuna velleità sulla riuscita o meno del modello preso in considerazione ma quello che mi aspetto e che lo reputo di maggior soddisfazione è che mi dia quelle giuste stimolazioni per poter seguitare in questo mondo avendo come scopo finale la crescita progressiva delle mie conoscenze.
Il mio carissimo amico Francesco Onesto mi ha passato molta documentazione in merito alla Tartana Ligure,  ho iniziato ad esaminarla e studiare per avere mentalmente un quadro più preciso sul modello stesso.
Da tale documentazione ho prelevato solo il disegno delle linee d’ acqua che sarà l’ unico disegno che seguirò come base per la realizzazione dello scafo, per tutto il resto mi baserò su testi di letteratura  che Francesco mi ha passato e continua a farlo.
Ovviamente un’ altra cosa che farò volutamente è  il non rispetto storico del modello in questione, questa decisione la ho presa, anche se sono consapevole che l’ ambientazione storica è determinante in questo settore, solo per il fatto che ho iniziato ora questa nuova strada dell’ arsenale che ci sono molte cose da studiare e capire che mi rimarrebbe molto difficile affrontarle tutte in maniera scrupolosa; per far ciò ho quindi deciso di seguire un iter di studio a gradini.
Questo primo gradino sarà quello di avere un’ infarinatura generale sull’ architettura navale Francese ed Inglese cercando nei limiti del possibile inserirle in questo mio lavoro.
Una volta finito questo lavoro e riprendendo con un nuovo modello solo allora posso approfondire nel dettaglio tutta la realizzazione questo per il fatto che ho acquisito ora almeno le basi di conoscenza necessarie per affrontare un livello superiore.

TARTANA SANTOS 001

I dati linguistici e letterari sembrano indicare che la tartana fosse in origine, nel Trecento, una piccola imbarcazione provenzale o catalana, adibita alla pesca.
Già nel 1600 essa era cresciuta di dimensioni ed era usata anche come mezzo di trasporto, non solo su brevi distanze, talchè la marina spagnola l’ utilizzò nell’ Atlantico ( e, chissà nel Pacifico ).
Fortunatamente l’ iconografia ci fornisce un quadro dettagliato dell’ apparenza della Tartana per il periodo postmedievale. Nel 1600 troviamo infatti alcune imbarcazioni raffigurate nei minimi dettagli e definite con certezza “ tartane”.
Fra di esse vi sono mezzi di trasporto di discreta portata come le tartane a due alberi latini di Jean Jouve, che sono le più antiche raffigurazioni di navi esplicitamente denominate tartane.
Anche l’ Architectura Navalis Mercatoria di Chapman (1769) e l’ album maltese della fine del 1700 riportano tartane a due alberi latini.
Alla fine del 1700 compaiono tartane a due alberi, uno dei quali attrezzato a vela quadra; è il caso della tartana napoletana del Baugean ( inizio 1800)


L’ attrezzatura tipica delle tartane del 1800 era semplicistica, consistendo in un albero a calcese che portava una vela latina e uno o due fiocchi. Con cattivo tempo, le tartane si servivano però di una piccola vela quadra di fortuna.
Nell’ ultimo periodo velico la tartana era un naviglio di media portata; Guglielmotti le attribuisce 30-60t, senza specificare se si trattava di portata o di stazza.
Una statistica sulla marineria ligure della Restaurazione (1815) menziona parecchie tartane tutte comprese tra 30t e 60t di stazza.
Lo scafo, nei tempi più antichi, aveva un lungo sperone che serviva per la murata del fiocco. Più tardi fu introdotto un bompresso, e lo sperone si ridusse di molto. La poppa a cuneo rimase invece sempre una caratteristica della tartana, o almeno della tartana occidentale. Diciamo così, perché in Adriatico correvano sotto questo nome imbarcazioni molto differenti. Queste barche erano infatti un po’ simili ai bragozzi, avevano fondo piatto, prua e poppa arrotondate, ritto e ruota curvi e rientranti. Andavano con vele al terzo  su due alberi.
L’ omonimia è spiegabile con l’ introduzione in Adriatico della pesca “trattana” per opera di pescatori provenzali, all’ inizio del 1600. In conseguenza, alcune barche adriatiche furono ribattezzate di punto in bianco “ tartane” proprio perché praticavano quel tipo di pesca.
Ma la questione dei rapporti fra le “tartane” occidentali e quelle dell’ Adriatico è più complicata: bisogna tener presente che questa imbarcazione nel bacino occidentale del Mediterraneo era usata sia per la pesca sia per il trasporto.
Ora, le “tartane” compaiono in un manoscritto del 1686 opera del capomastro Stefano de Zuane, che è fra i documenti più interessanti provenienti dall’ Arsenale di Venezia.
Questo manoscritto riporta alcune ordinate di tartana che sembrano in tutto e per tutto simili a navi di media dimensione come se ne costruivano comunemente in quell’ epoca.
Semmai i disegni di Stefano de Zuane mostrano uno scafo piuttosto affinato e stellato, privo di fondo piatto. L’ autore commenta che le tartane provenzali e liguri veleggiavano mirabilmente, portandosi sempre sopravvento più di ogni altro bastimento ed aggiunge che a Venezia se ne erano fatte più d’ una e che gli era sembrato perciò utile darne notizia. Per Stefano de Zuane le tartane erano le barche “de commerce” ritratte da Jouve, e non le barche adriatiche di vario tipo battezzate tartane perché pescavano alla tratta.

La tartana generalmente aveva una lunghezza di 16-20m ( fino a 25 secondo alcuni) ed un coefficiente di finezza  circa 3,5. Veniva spesso utilizzata nel passato sui mari italiani prevalentemente per il cabotaggio e la pesca.

giovedì 6 maggio 2010

CASE

Molto spesso nel realizzare un plastico si cerca di riprodurre cose reali o esistite un tempo , si prende spunto da una stazione, un viadotto insomma quello che ci ha colpito in qualche modo.
Ora nel caso specifico degli edifici ci sono vari sistemi per realizzarli, uno è acquistare dei kit in plastica stupende realizzazioni curate nei minimi dettagli neanche tanto costose tipo 57 euri per un rudere di chiesa, l’altro sistema è abbastanza semplice usare del cartoncino e riprodurre l’ edificio, altro sistema molto realistico e a prezzi più accettabili e usare il Polistirene o evergreen ebbene tranne il primo li ho provati tutti sino a giungere a questa mia soluzione che ora condivido con tutti voi.
Vi ricordo sempre che sto parlando di modelli realizzati tutti in scala 1:87 ciò significa che un piano di una casa di 3mt equivalgono a soli 34,5mm.
Si inizia nel disegnare la forma dell’ edificio che si vuole realizzare una volta composte le varie tavole di progetto si realizza la forma delle pareti con del cartoncino rigido ( quello che è spesso 1mm per capirci), e si incollata la casa su una tavoletta di compensato, ora sulle pareti di cartoncino ho incollo con il vinavil della sabbia molto fine ( passata al setaccio) per creare una superficie ruvida e nello stesso tempo hanno dato una resistenza maggiore al cartoncino stesso inoltre questa operazione mi serve come aggrappante, una volta che la colla si è seccata preparo l' impasto di ZL25 (ZL 25 è una malta secca composta da calce idrata, gesso, farina di roccia ed additivi specifici per migliorare la lavorazione e l’adesione) esso si trova comunemente nei luoghi dove si vende materiale edile, uso questo prodotto dato che lo reputo di gran lunga superiore al comune gesso.
Questo impasto lo applico direttamente su tutte le superfici dell’ edificio.

Nella foto si vede il risultato dopo una leggera carteggiatura, ora devo realizzare uno zoccolo lungo il perimetro della casa e per fare ciò ho applicato ancora lo zl25 avendo posto dei listelli all’ altezza dovuta come forma e riempito la zona creata, prima che asciugasse completamente la ho leggermente modellata nella forma che avevo deciso.
Con della cartavetrata molto fine (800) ho carteggiato tutte le pareti e lo zoccolo.
Ho dato una mano di tinta a tempera del colore che volevo fare, a questo punto per realizzare il tetto ho usato delle travi di legno per la struttura portante.
Sempre in questa fase ho costruito le finestre in legno incollando nella parte interna una lastrina di acetato e ho aggiunto anche le tende.
L ungo il perimetro delle finestre ho incollato delle cornici fatte sempre con la stessa malta ma questa volta con l’ aggiunta del vinavil nell’ impasto per dare una consistenza e resistenza maggiore dato lo spessore delle stesse.
Per la copertura del tetto ho incollato un cartoncino fino e verniciato di marrone scuro, su di esso ho montato i coppi ricavati dalla parte interna del cartone usato per le comuni scatole, stando attendo alla scala che stavo adottando; per recuperare la parte interna, quella appunto ondulata, ho bagnato con acqua un lato del cartoncino con dello spirito e atteso qualche istante ho tolto il foglio superiore di cartoncino lasciando quello inferiore e quello ondulato ancora incollato su di esso, poi ho tagliato delle striscie per la larghezza necessaria della tegola.


Calcolata lo sovrapposizione delle tegole stesse e seguendo il sistema precedente ho realizzato un taglio sul lato del cartoncino rimasto pari a tale sovrapposizione ed tolto lo stesso seguendo il procedimento descritto prima.
Preparate tutte le striscie necessarie per rivestire il tetto ho fatto con del rame i ganci per la grondaia che li ho incollati sul cartoncino di sostegno del tetto, solo ora posso mettere in opera le tegole che le ho incollate partendo dall' esterno una sopra all' altra sino al culmine dl tetto.
Con dell' acqua sporca ho iniziato ad impiastrare le pareti esterne della casa per renderla vissuta.
Ho inserito la grondaia realizzata in rame e anche i tubi di scarico dell' acqua sempre in rame.
Montato la porta fatta in legno e con la fotoincisione ho realizzato la ringhiera del balcone

SCAMBI

In questi giorni mi sono dedicato alla realizzazione di uno scambio ferroviario no perchè mi serva ma solo per mantenere la mano e tecniche sempre allenate.
Con l' ausilio di autocad mi sono disegnato un bello scambio con curvatura di 360mm a 36°dove ho aggiunto delle note per farvi comprendere meglio il discorso.
Il disegno che vedete e senza le note lo ho stampato e fissato su una tavoletta di legno, esso mi servirà come dima di posizionamento per la realizzazione.
A questo punto taglio della vetrovite ramata ( quella che si usa per realizzare i circuiti stampati in elettronica ) come se fossero delle traversine e le incollo sulla dima nelle posizione evidenziate con una quadrettatura.
Taglio i binari a misura e li saldo sulle traversine in maniera che rispettano anche le curvature.
Una volta completata questa fase in tutte le sue parti stacco lo scambio dalla dima e provo il suo funzionamento.

A questo punto usando una colla bicomponente incollo le traversine di legno in precedenza preparate su tutta la parte che ora ne è spovvista, per questa operazione uso un' altra stampa della dima per avere l' esatta posizione.

Attendo qualche minuto che la colla abbia tirato e con delicatezza sostituisco le basette di rame dissaldandole con le traversine in legno usando sempre la stessa colla.
Lo scambio è fatto, nello spazio libero che vedete si dovrà inserire il meccanismo per rendere il movimento elettrico.

DEPOSITO ACQUA

Questo lavoro che andrò ad esporre ora è molto più consono al materiale che noi modellisti navali conosciamo meglio e ciò il legno, anche questa è stata una realizzazione di circa un anno fa che esula dal diorama che più avanti andrò ad esporre ma farà parte del plastico vero e proprio dove saranno presenti varie tipologie architettoniche e di attività lavorative.

Passiamo a quanto in oggetto:
Come già saprete inizio sempre con il realizzare il disegno di ciò che voglio realizzare anche se si trovassero le istruzione al completo, questa mia debolezza è data dal fatto che disegnando quello che vorrei realizzare, devo automaticamente pensare anche come realizzare ogni singolo pezzo o trovare la soluzione a me più congeniale per realizzare lo stesso.
Una volta fatto il progetto si inizia la realizzazione, questo anche per valutare anche se le idee avute sono fattibili ovviamente ( una cosa è dire un' altra è fare).
Per realizzare le pareti e il tetto ho prima fatto un telaio della stessa dove ho fissato le tavolette quindi abbastanza semplice come lavorazione, la parte più complicata di questa prima fase sono state le finestre dato che ho dovuto lavorare con la lente per qunto sono piccole, ricordo sempre che la scala è quella classica per il ferroviario 1:87.
Fatta la casetta ora dovevo realizzare una piattaforma sul tetto stesso per poter mettere il serbatoio dell' acqua.
quindi sempre con dei listelli in legno ho realizzato questa torretta ( per similitudine con il navale, due dormienti ben ancorati alle travi / quinti e tanti bagli uno al fianco dell' altro e il relativo tavolato).
Il serbatoio lo ho realizzato con del rame creando tre anelli dove quello centrale è esterno agli altri due, saldato tutte le linee di giunsione e per creare la bordatura superiore ho saldato un tondino di rame lungo il perimetro.
Come potete vedere sta prendendo forma, le cose principali da realizzare sono state fatte ore si passa ai particolari tipo:
le tegole canadesi realizzate con del cartoncino e una fustella lavorata per incidere solo mezzo cerchio.
la scaletta sempre in legno
La chidatura delle travi e il tubo di andata dell' acqua.
Ormai stiamo arrivando alla fase conclusiva, manca un basamento e qualche altro piccolo accessorio come il misuratore di livello dell' acqua nel serbatoio, la brunitura del serbatoio stesso, un' altra scala, un piccolo fusto all' esterno della casa, una mezza specie di panchina e insomma quello che si vede nella foto a seguire.
Il lavoro è terminato e per concludere vi dico che fino ad ora ho postato foto in macro per evidenziare tutti gli errori che ho commesso e perchè ho solo quelle e quindi per quinta ed ultima foto ne posto una che vi potra rendere l' idea di che cosa sia realmente questo deposito acqua.

CARRELLO TIPO 24

Altra attività che ho svolto e che la reputo la principale per poter realizzare in autocostruzione tutto il materiale rotabile e altro ovviamente è lo studio della fotoincisione del metallo, devo ammettere che tale processo non è stato semplice ma ho dovuto fare tentativi su tentativi e costruirmi una seri e attrezzature atte a svolgere tale lavorazione.
Tra studio e tentativi pratici ho impiegato circa due anni per avere oggi dei buoni risultati.
Ora però vi mostro il primo lavoro che ho ritenuto accettabile anche se non è perfetto fatto con questa tecnica.
Considerando che tale processo lo ho dovuto ripetere una decina di volte con delle varianti ognuna sino appunto ad arrivare a cio che si nota in questo prototipo che non è il massimo.
Ora comi si vede, sulla superficie dell' ottone sono presenti dei piccoli segni inregolari che non devono esistere ebbene nei tentativi precendenti questi segni erano molto più accentuati e addirittura alcuni particolari neanche esistevano più.
Ovviamente non basta solo il processo della fotoincisione per realizzare il carrello in oggetto come qualsiasi altra cosa ma si deve partire sempre da una ricerca, uno studio e dalla progettazione quindi disegno.
Da quanto detto sopra si è realizzato il progetto del carrello in questione seguendo le foto reperite in web dei reali carrelli tipo 24 ne posto alcune.

Quindi sulla base di queste ed altre informazione si è iniziato a realizzare il progetto

Ora da questo disegno bisogna estrapolare tutti i pezzi che lo compongono e realizzare il master che verà utilizzato per la fotoincisione, ovviamente sono altre ore di lavoro dato che si deve considerare e spianare le varie forme quindi alla fine è il progetto del progetto.

Da queta immagine se la si mette a confronto con la precedente vedrete che sembrano due cose diverse ma in realtà la seconda serve per realizzare la prima.
Ebbene una volta realizzata la fotoincisione si inizia il montaggio delle singole parti saldandole a stagno.
Ebbene il carrello è stato rifinito e verniciato.
L' esperienza di questo lavoro mi ha dato ovviamente altri suggerimenti da implementare nelle future realizzazioni.
Cosa ci avrò fatto con i due carrelli?
Assolutamente nulla, in realtà non mi servono; è stto solo uno spunto per comprendere e capire le varie fasi di lavorazione della fotoincisione, come ho detto due anni di studio.

GOZZO LIGURE

GOZZO LIGURE

giovedì 17 settembre 2009

PRESENTAZIONE

Iniziamo con una panoramica della mia vita ed esperienza modellistica per capire le decisioni che ho preso con il passare del tempo.

Posso dire che il tutto è nato nel lontano 1973 all’ età di 11 anni quando mio padre iniziò a realizzare un plastico ferroviario, ma data l’ età fungevo quasi da manovale e seguivo ciò che mio padre mi diceva, un’ esperienza durata solo due anni, poi si è dovuto smontare tutto con grande dispiacere.

Ma qualcosa era successo dentro di me, volevo fare modellismo e quindi, appoggiato da mio padre, scelsi il settore che fu quello aereo ( mi piacevano gli aerei ) comprammo una scatola di montaggio di un veleggiatore in balsa, l’ entusiasmo era al massimo ma dopo circa 10 giorni lo avevo finito di costruire e fatto delle prove di volo; è stato interessante ma non più di tanto, mi immaginavo qualcosa di più complicato e quindi decisi di abbandonare gli aeri e passare al navale anche in questo caso iniziai con una scatola di montaggio e il modello era una ENDEAVOUR , già da subito capii che era quello che cercavo, ci lavorai per parecchi mesi sino a completarla e l’ entusiasmo era notevole, comprai un’ altra scatola di montaggio, ovviamente sempre indirizzata ai principianti, era HMS. VICTORY , anche questa nave la completai e continuai con un’ altra la INTREPID ogni modello aveva un livello leggermente superiore al precedente , questo hobby lo feci sino all’ età di 16 anni quando smisi di fare modellismo per studio e ovviamente interessi nuovi sino al 1985 che, durante il servizio di leva, ripresi il modellismo navale con un modello sempre in scatola di montaggio di piccole dimensioni dato che dovevo riporlo nei famosi armadietti metallici in dotazione all’ esercito ma in questo preciso istante cambiò qualcosa nel mio modo di pensare dato che oltre alla scatola comprai anche il progetto della aeropiccola dello stesso modello ma una scala più piccola dove erano riportate molte più cose.

Il modello è l’ INDISCRET, ci lavorai per tutto il periodo del militare e mi piacque come lo realizzai.

Al mio ritorno a casa inizia un altro modello la MAYFLOWER per regalarlo a mia sorella che era in dolce attesa, 8 mesi di duro lavoro in autocostruzione e feci in tempo per il regalo.

Era il lontano 1986 quando chiusi definitivamente con il modellismo per problemi di lavoro, matrimonio ecc ecc, non avevo tempo per crearmi un hobby anche se molto spesso ci pensavo ma rimaneva solo un pensiero e un sogno.

Anno 2004 finalmente ho l’ opportunità di riprendere il mio hobby di modellismo ma dovevo scegliere qualcosa di diverso rispetto al navale dato che non avevo una postazione fissa e quindi decisi per il ferroviario , iniziai a girare su internet e comincia a capire che in Italia questo stupendo hobby non era altro che apparecchiare una tavola con oggetti che si compravano nei negozi specializzati e addirittura su ebay ovviamente all’ inizio fui trascinato in questo vortice anche se non calzava con le mie caratteristiche.

Ben presto conobbi una persona, Roberto Gottardi, che mi fece capire che il modellismo era un’ arte strettamente personale e no un compra compra, questo era esattamente quello che cercavo.

A lui devo molto mi ha insegnato a fare la fotoincisione, gli stampi in resina per la riproduzione in metallo e tante altre tecniche specifice per questo hobby, ma la cosa più importante che mi ha insegnato è come vedere il modellismo in genere, facendomi capire che è pura espressione d’ arte individuale e ogni cosa che creiamo o realizziamo è alla fine ciò che noi stessi siamo.

Ho trascorso 5 anni a testare, sperimentare e studiare le nuove tecniche e nel frattempo ho iniziato anche a progettare un futuro plastico che realizzerò in scala H0N30 proprio per il fatto che si deve auto costruire tutto , tra le mie esperienze posso dire che ho realizzato due locomotive in fotoincisione e una terza è in fase di ultimazione delle costruzioni abitative, semafori ferroviari, pali per la catenaria, passaggi a livello, paesaggi ecc ecc.

A settembre 2008 ho smesso questo hobby dato che il mio tempo lo ho utilizzato per ampliare casa e finalmente avevo un posticino dove potevo praticare in santa pace il mio hobby , ho costruito il tutto e ho costruito anche il mobilio studiato, per praticare i miei passatempi, nei minimi dettagli.

Una volta realizzato il mio laboratorio ho ripreso le mie ormai vecchie navi e ho deciso di dargli una sistemata, 30 anni sono tanti e qualche rottura l’ avevano subita è stato proprio in questo periodo che mi è ripresa la fantasia del navale ed ho iniziato a girare nel web per trovare qualche forum e dei piani di costruzione, ne ho girati tanti alla fine sono capitato in “ scuola di modellismo “ mi ha ispirato qualcosa che gli altri forum non mi davano e pensare che ero solo il 64° iscritto, era il 24/02/2009 nel sito di questo forum trovai molti piani costruttivi che scaricai immediatamente e feci bene dato che da li a pochi giorni eliminarono la raccolta.

Decisi di prendere in seria considerazione il mio ritorno al navale ma dopo circa 23 anni di inattività in questo settore dovevo cercare un piano di costruzione relativamente semplice e veloce da realizzare per testare la mia manualità e capacità fu così che decisi per la sezione maestra della CONSTITUTION; inizia a lavorare con listelli di legno che avevo conservato da lunga data, il lavoro prosegui abbastanza bene ed ero soddisfatto dei risultati sino a quando inizia con le manovre, li ebbi una delusione nel senso che non mi piaceva come era stato concepito quel progetto dato che sull’ albero maestro erano presenti solo 3 sartie anziché 14, al primo momento avevo deciso di abbandonare il modello poi ci ripensai e mi dissi ok prendo in seria considerazione il fatto che voglio provare a realizzare tutta la parte velica secondo i dettami originali e non più quelli del progetto e così feci sino a quando ormai le mie conoscenze erano sufficienti che era inutile andare avanti.

La delusione riscontrata su questo modello mi ha fatto riflettere un attimo e come diceva il mio amico Gottardi: “ il fermodellismo se totalmente auto costruito è al vertice della piramide del modellismo per la sua complessità”, in quel periodo studiavo e progettavo e quindi ho deciso di ripercorrere le mie passate esperienze e stili di pensiero anche sul navale.

La decisione è stata quella di studiare l’ architettura navale antica e iniziare a realizzare i progetti e i disegni costruttivi dei miei prossimi modelli.

Mi rendo conto che il proposito che mi sono fissato è arduo e difficoltoso data la quantità di materie che si deve studiare, ed è altresì impensabile iniziare subito con vascelli di una certa importanza ciò creerebbe solo incomprensioni e altre delusioni per me, quindi ho deciso che la miglior cosa sia quella di sviluppare un programma di lavoro a piccoli passi, partendo da cose molto semplici per poi aumentare di difficoltà man mano sino ad avere le conoscenze e le esperienze tali da poter avventurarmi nella realizzazione della H.M.S. Victory e della Amerigo Vespucci.

La prima applicazione di questo pensiero è stata su un semplice GOZZO LIGURE ho impiegato tre mesi per lo studio e per realizzare il mio primo progetto di questa imbarcazione, già su questo modello di soli 24cm ho applicato la tecnica di costruzione in arsenale.